Moonlight Act
Negli anni ‘90 in Italia arriva la prima infornata di manga dal Giappone. Non che non ci fossero stati contatti prima tra il Giappone e l’Italia: s’era visto di striscio il manga di Mazinga e qualche shojo ricolorato malamente sul ‘Corriere dei piccoli’. La prima piccola rivoluzione avviene grazie alla Granata Press, la quale, dopo aver sondato il terreno con Mangazine (in cui c’era lo zampino dei Kappa Boys), decide di dedicare i primi albi monografici a autori e titoli già popolari in Italia. Inutile dire che tra i primi titoli c’era ‘Ken il guerriero’ di Tetsuo Hara e Buronson, che già al tempo si era guadagnato il titolo di ‘classico’. Arrivati in fondo alla serie, s’è posto il problema di trovare un valido rimpiazzo. Ma come sostituisci un pezzo da 90 come Ken? Granata decide di investire su ‘Ushio e Tora’ dell’allora sconosciuto (in Italia) Kazuhiro Fujita. Il manga è fantastico: i disegni sono ‘sporchi’ e iper-cinetici, il folklore giapponese si fonde con una storia d’azione che strizza l’occhio ai buddy movie occidentali. Però di punto in bianco Granata fallisce e il manga si interrompe, lasciando alla Star Comics il compito di riprenderlo e completarlo.
Se chiedete a me, ‘Ushio e Tora’ è uno dei manga da leggere assolutamente e non fatico a inserirlo nella top 10 dei miei preferiti di tutti i tempi. Per cui quando Jpop ha cominciato a pubblicare ‘Moonlight Act’ mi ci sono buttato a pesce, sperando di trovare le stesse atmosfere del manga precedente. E l’inizio infatti, promette bene: quando la luna diventa blu, un personaggio delle fiabe impazzisce e semina disastri sulla terra (terra… come sempre accade in Giappone). Il gran consiglio delle fiabe emana quindi un editto: il moonlight act. In cosa consiste? Beh, il personaggio in questione deve essere corcato di mazzate da un esecutore ufficiale finchè non ritorna normale. Il bulletto dal cuore d’oro Gekko Iwasaki diventa suo malgrado un esecutore e con l’aiuto della principessa Hachikazuki (che si trasforma in una mazza chiodata… eh sì) e dell’amica d’infanzia Lady Teatro (ovviamente anche love interest del protagonista), numero dopo numero mazzuola un numero impressionante di personaggi delle favole, comprese Cappuccetto Rosso e Cenerentola (più tutta una serie di favole giapponesi sconosciute ai più).
Quindi tutto bellissimo? Eh, ‘nsomma. Dopo qualche numero di introduzione in cui vengono presentati i comprimari, il fumetto finisce in un loop da ‘cattivo della settimana’ che dopo qualche numero diventa un po’ indigesto. Poi ad un certo punto, qualcuno deve averlo fatto notare all’autore, che parte con un lungo flashback sul passato di Gekko, che finisce con un colpo di scena francamente discutibile. Da qui, in calando verso il finale, con degli episodi volemosebbene ad alto tasso di diabete che alla mia veneranda età ho trovato un po’ stucchevoli.
Il disegno l’ho trovato come al solito molto bello, lontano dalla perfezione estetica di un ‘One punch man’ ma più vicino al tratto grezzo ma potentissimo alla Go Nagai.
Mi trovo disgraziatamente a bocciare questo manga. Dico ‘disgraziatamente’ perchè a me Fujita piace e anche parecchio, ma la sceneggiatura avrebbe avuto bisogno di un lavoro di asciugatura e ripulitura perchè 29 volumetti di questo tenore sono davvero troppi. Vabbè dai, Kazuhiro, sarà per la prossima volta.